La "Mille Miglia", una festa popolare
[articolo apparso su "Il galletto" - aprile 2010]

Enzo Ferrari la chiamava "la corsa più bella del mondo", e di corse lui se ne intendeva.
Quello che è sicuro è che la Mille Miglia era davvero "la corsa di tutti", un evento che, al pari del Giro d'Italia, appassionava e coinvolgeva l'intera Nazione.
Non era la corsa "più vecchia", per restare in Italia sia la Targa Florio che il Circuito del Mugello, l'avevano preceduta di diversi anni,e per un curioso destino le sarebbero sopravvissute entrambe, ma la sua caratteristica di "attraversare" paesi e città, da Brescia a Roma, andata e ritorno, la rendeva unica, inimitabile.
Si può addirittura dire che ad essere unica fosse ogni singola edizione perché il percorso cambiava, spesso anche in maniera significativa, ma nonostante questo nelle ventiquattro edizioni ben ventidue volte la Mille Miglia è passata per il Mugello.
E le strade del Mugello, in quei tratti che appartengono ai comuni di San Piero a Sieve, Barberino, Firenzuola, hanno ospitato due grandi corse su strada: il Circuito del Mugello e la Mille Miglia.
Questo ha fatto sì che il nostro territorio, la nostra gente abbia sentito suo, al pari del ciclismo cui ha fornito tanti campioni, anche lo sport dei motori.
Fino alla sospensione dovuta alla guerra, il tracciato della Mille Miglia aveva la caratteristica forma a "8", con due passaggi per Bologna.
In quel caso le strade di casa nostra facevano parte del primo tratto di gara, quello che portava i concorrenti da Brescia a Roma, pertanto, quando i concorrenti transitavano sui passi appenninici della Raticosa e della Futa per poi passare per le Maschere, Cafaggiolo, gli Ischieti e raggiungere Firenze attraverso via Bolognese, il traguardo era ancora lontanissimo e i chilometri percorsi sulle strade del Mugello non potevano certo essere decisivi per il risultato della grande corsa.
Nel dopoguerra le cose cambiarono: dal '47 in poi la corsa attraversò il Mugello, da Firenze a Bologna, nell'ultimo quarto di gara ed il tratto appenninico, con la scalata del Passo della Futa e poi la discesa da quello della Raticosa a Bologna, decise diverse edizioni della grande corsa.
Solo nel '49, nell'ultima edizione vinta da Clemente Biondetti l'autentico re della Mille Miglia che conquistò per quattro volte, il Mugello fu escluso per chissà quali motivi dal tracciato.
Oggi organizzare una corsa come la Mille Miglia sarebbe impensabile per ovvie ragioni di sicurezza, allora era considerata una festa popolare.
Anno dopo anno la gente si assiepava sul bordo della strada, in Abruzzo come in Lombardia, in Lazio come in Toscana, nelle Marche come in Emilia, sotto il sole o sotto la pioggia, per veder sfrecciare per pochi secondi Nuvolari, Varzi, Campari, Biondetti, Borzacchini, Brilli Peri, Caracciola, Ascari, Moss, Fangio, Marzotto, Taruffi, Castellotti, Farina.
Cambiavano i campioni, ma la passione per la Mille Miglia restava immutata.
Anche il Mugello si animava in occasione della corsa, che ,assieme alla "Milano-Sanremo", la classicissima del ciclismo, attirava le attenzioni primaverili degli sportivi; nelle foto e nei filmati dell'epoca, sulle rampe del Passo della Futa, si vedono centinaia, migliaia di spettatori, ed è su quelle curve che si scrive la storia della corsa.
Una foto, forse la più famosa, risale al '54 e mostra Umberto Maglioli, uno dei grandi specialisti italiani di corse su strada, fermo a poche centinaia di metri dal Passo della Futa, attorniato da moltissimi spettatori mentre cerca di scaricare la tensione fumando la sua inseparabile pipa.
Maglioli si era appena ritirato dopo che il cedimento del motore della sua Ferrari 375, un mostro da quattro litri e mezzo di cilindrata, aveva reso impossibile il già difficile inseguimento alla Lancia D24 del grande Alberto Ascari.
Nella foto attorno a lui tanti spettatori lo festeggiano, qualcuno gli ha passato una scatola di cerini, qualcun altro forse lo ha consolato con una battuta divertente perché Maglioli ride di gusto e c'è aria di festa più che di resa e di sconfitta.
Era quello lo spirito della "corsa di tutti": festeggiare i piloti vittoriosi o sconfitti, sentirli vicini, entrarci in confidenza e fu quella passione antica mista al progresso tecnico a renderla sempre più pericolosa fino alla tragedia finale, nell'edizione del 1957, con la Ferrari di De Portago che falciò la siepe di spettatori a Guidizzolo, fra Mantova e Brescia.
In quell'incidente morirono, oltre al pilota il marchese Alfonso De Portago, Grande di Spagna imparentato con l'attuale Re Juan Carlos, anche il co-pilota Edmond Gurner Nelson e nove spettatori, molti dei quali bambini che proprio quel giorno erano passati a Comunione e che sul bordo della strada indossavano ancora il vestitino della cerimonia.
L'ondata emotiva fu inevitabilmente immensa ed il governo, in tre giorni, decretò la fine della Mille Miglia: una decisione dolorosa, ma giusta e giustificata non solo dalla tragedia che riempiva le prime pagine dei giornali, ma soprattutto dall'incompatibilità sempre più evidente, anno dopo anno, fra auto sempre più potenti e veloci e un percorso impossibile da rendere sicuro per piloti e spettatori.
La Mille Miglia, dopo qualche penoso tentativo di sopravvivere come gara di regolarità, scomparve del tutto, ma con la corsa in sé non scomparve il suo spirito di festa popolare.
Nel '77, vent'anni dopo l'ultima "vera" Mille Miglia fu organizzata la prima rievocazione e l'anno prima Lucio Dalla aveva regalato alla "corsa più bella del mondo" ed al suo più leggendario protagonista, Tazio Nuvolari, le canzoni più popolari del suo album "Automobili".
Non fu, come alcuni pensavano, un fuoco di paglia.
La "corsa di tutti" confermò il suo spirito di festa popolare.
Da allora, accanto ad un elite di fortunati appassionati possessori di vetture d'epoca, si raccolgono ogni anno lungo le strade decine di migliaia di spettatori per ammirare la processione di bellissime auto storiche che attraversano l'Italia come ai tempi di Nuvolari.