La maledizione del "Biscione" >> <<
Spiegazione fantasiosa - ma forse neppure troppo - del perché l'Alfa Romeo vinceva ovunque fuorchè al Mugello...

Nell’anno che ne celebra il centenario, dell’Alfa Romeo e della sua gloriosa storia si è raccontato tanto, anche noi de “Il Paese delle corse” possiamo però dare un modesto contributo rievocando un pezzo della leggenda della gloriosa “Casa del Biscione” e con un po’ di fantasia collocarla all’ombra della Fortezza di San Martino e del suo “Regolo” (noto anche come “Basilisco”), “Il Re dei serpenti”.

Andiamo con ordine. L’Alfa nasce dieci anni dopo l’inizio del secolo dalle ceneri della ambiziosa filiale italiana della francese Darracq e perde l’anonimato di Lombarda Fabbrica Automobili diventando Alfa Romeo quando la rileva l’ingegnere napoletano Nicola Romeo.
La fabbrica milanese si scopre subito un cuore sportivo, anzi “da corsa” e la prima gara importante che finisce nel suo palmarés destinato alla leggenda, è proprio il Circuito del Mugello del 1920.
Nel suo stemma compare già il “biscione visconteo” (un mostruoso serpente che mangia un putto), simbolo di Milano e il rombo della poderosa 40/60 guidata alla vittoria dall’altrettanto robusto Giuseppe Campari, pilota lodigiano anche lui al primo successo importante, sale verso gli spalti della Fortezza Medicea di San Martino nei cui sotterranei la leggenda vuole riposi un biscione meno glorioso forse di quello milanese, ma più celebre da queste parti: “il Regolo”.
E’ probabile che il Regolo non gradisca questa rumorosa intrusione del “biscione” alfista che oltre a disturbarne il sonno secolare suscita l’incondizionata ammirazione dei mugellani in generale e dei sanpierini in particolare.
L’Alfa Romeo s’impone anche l’anno dopo, ancora con Campari ed ancora con la 40/60, e il rumore dei bolidi scatenati sulle polverose strade del Mugello torna a inquietare il “Re dei serpenti” che ha un caratterino permaloso ed è gelosissimo dell'ammirazione dei suoi compaesani ormai decisamente rivolta a quell'altro "biscione", reso irresistibile dal fascino della velocità. Poiché la gelosia è un sentimento difficile da dominare il Regolo forse fulmina col suo sguardo (“che fa dare di barta”) la casa milanese, le fa il malocchio.
Ed il malocchio del Re dei serpenti non è cosa da ridere, se ne accorgerà quella biscia acquaiola !

Il Regolo, tuttavia, è un’entità locale e la giurisdizione del suo malocchio ha confini limitati al suo territorio così L’Alfa Romeo diventa un marchio famoso in tutta Europa ed oltre, tanto da conquistare, nel 1925, il primo titolo di “Campione del Mondo”, ma al Mugello, dove ha colto i primi successi davvero prestigiosi la “Casa del Biscione”, non riuscirà più a vincere.
Sulla casa milanese quando gareggia al Mugello si abbatte ogni sorta di sfortuna.
Nel 1922, ad esempio, quando si presenta con uno squadrone che comprende Ugo Sivocci, il due volte vincitore Campari, l’asso Antonio Ascari ed Enzo Ferrari. I piloti dell'Alfa sono i quattro principali favoriti della gara, ma nessuno di loro vedrà il traguardo simbolico del giro di boa: Sivocci non termina il primo giro, Ascari viene eliminato da un incidente nel corso del secondo, Campari ha un incidente che coinvolge Giulio Masetti con il quale sta duellando all’arma bianca prima di completare il terzo, durante il quale alza bandiera bianca lo stesso Ferrari, uno che, come avrà modo di dimostrare nel corso della sua lunga vita, non si arrende facilmente.
L’anno dopo, con Giulio Masetti, “il leone delle Madonie”, in squadra la beffa è ancora più dura da digerire, vince infatti Brilli-Peri con una macchina straniera, una Steyr, e le due Alfa di Masetti ed Ascari sono costrette ad accontentarsi delle piazze d’onore.
L’Alfa diserta le edizioni del 1924 e del 1925 e torna sulle nostre strade nel 1928, ma il Regolo non le ha ancora perdonato quell'intollerabile invasione sotto le sue mura e nell’ammirazione dei sanpierini.
Campari dispone di un’Alfa “sperimentale” con compressore e vola irresistibile. Fa segnare il giro più veloce, ma quando sta per concludere il terzo giro si ferma al “Ponte di sasso” con il motore ammutolito, quasi fosse avvelenato dal "fiato del Regolo".
Bruno Presenti ed Enzo Ferrari si piazzano ancora ai posti d’onore, ma vince la Talbot di Materassi.
Peggio ancora finisce nel 1929. Stavolta l’Alfa, che ha appena vinto per la seconda volta la Mille Miglia con Campari (come l’anno prima), scende al Mugello in forze: fra ufficiali e private si allineano al via sette fiammanti Alfa “modello Mille Miglia” e i piloti si chiamano fra gli altri: Campari, Varzi, Nuvolari, Ferrari e Pintacuda.
Sembra un rullo compressore, invece lo squadrone alfista fa cilecca.
Vince Brilli Peri,ancora con la Talbot, secondo è Morandi con l’OM.
Le Alfa s’incolonnano dal terzo posto (col fiorentino Enrico Benini) al sesto e dal settimo al nono. Campari irriconoscibile si irrita perché non riesce a superare il pilota fiorentino Clemente Biondetti, che secondo lui lo rallenta per favorire Brilli Peri, tanto da minacciare un plateale ritiro "per nervoso". Alla fine lo supera, ma finisce solo sesto e, offeso dalle critiche della stampa che lo indica come principale responsabile della débacle alfista, innesca una velenosa polemica che coinvolgerà piloti e organizzatori.
E’ l’ultimo atto del classico Mugello ma la maledizione del “Biscione” non svanisce subito.
Il Circuito del Mugello riprende a passare da San Piero a Sieve nel dopoguerra, precisamente nel 1964.
L’Alfa Romeo si è da tempo disimpegnata dalle corse ma le sue vetture sono portate in gara dai privati, nella categoria Turismo e Gran Turismo.
Il “cuore da corsa” dell’Alfa Romeo torna prepotentemente a farsi sentire.
L’Ing. Carlo Chiti, che proviene dalla Ferrari, ha l’idea fissa di tornare a correre.
E’ un pistoiese testardo e geniale ed alla fine la spunta.
La sua prima creatura si chiama GTA e nel 1966 proprio due GTA si piazzano ai posti d’onore, poi nel 1967 Chiti lancia la sua creazione: l’Alfa Romeo “33”.
Al Mugello l’Alfa Romeo si presenta in forze: tre nuovi prototipi tutti traditi dalle sospensioni prima di metà gara. Il Regolo probabilmente si compiace stiracchiandosi le spire delle disavventure del “biscione” visconteo che però caparbiamente si ripresenta ancora più agguerrito l’anno dopo. Stavolta sembra che la maledizione del “Regolo” cominci ancora prima.
A Pietramala, dove ha sede il quartier generale dell’Alfa Romeo, ne succedono di tutti i colori: Vaccarella ha l’otite che gli dà febbre e lo costringe ad una debilitante cura antibiotica, Spartaco Dini ha mal di gola, Ignazio Giunti lamenta una congestione e Mario Casoni è intossicato dal cibo.
Durante la corsa, in un solo giro, il quinto, ben quattro Alfa “33” delle sei iscritte sono costrette al ritiro, ma alla fine, con buona pace del permaloso Regolo, l’Alfa Romeo vince nuovamente al Mugello quasi mezzo secolo dopo l’ultima vittoria di Campari.