Una sera con l'Ingegnere >> <<
Non solo ricordi di corse e vittorie, ma anche lezioni di vita nell'incontro con l'Ingegnere più famoso nelle corse automobilistiche: Mauro Forghieri, ospite dei "Brividi Sportivi".

La serata dell'8 aprile 2011 resterà per sempre nel cuore degli appassionati di motori che hanno avuto la fortuna di parteciparvi.
E' stata una serata davvero speciale in virtù, soprattutto, dell'ospite d'onore, un autentico simbolo dell'automobilismo sportivo italiano e internazionale: l'ingegner Mauro Forghieri, un tecnico che ha letteralmente scritto, anzi disegnato, la storia delle corse, dalle grandi Sport-Prototipo alle Formula 1.
Dalla sua matita e dalla sua caparbia volontà, sono uscite macchine leggendarie: la serie "P", le prime imbattibili Sport a motore posteriore 12 cilindri nella storia della Casa di Maranello, la "158", la prima monoscocca italiana campione del Mondo nel 1964 con John Surtees, le formidabili P2, P3 e P4 fino alla 312 PB, alla 512 M ("la migliore macchina da corsa che abbia mai guidato" - parola di Nino Vaccarella) alle Formula 1 col motore "piatto" ("ma era un V12 a 180° non un boxer" - precisa sempre anche se quella "B" è restata nella leggenda).
Forghieri prende la parola dopo Mario Donnini che ne ha appena tracciato un ritratto realistico quello di "un giovanissimo ingegnere che è stato chiamato a dirigere la squadra corse più famosa del mondo all'età in cui oggi i ragazzi vivono ancora con mamma e papà".
E l'Ingegnere non si fa pregare.


"Devo dire anch'io qualcosa di me, se no, dopo quello che ha detto questo qua quando esco mi trovo un piedistallo su cui salire!"
E comincia.
"Io ho potuto fare quello che ho fatto perchè ero alla Ferrari, alla Ferrari di allora. C'era un gruppo, centosettanta anime, che mandavano avanti la Squadra Corse e allora si correva dappertutto: Formula 1, Formula 2, Mondiale Sport, Mondiale GT, Europeo della Montagna. Il primo lavoro che mi affidarono fu quello di mettere a posto la 250 GTO che non andava mica bene.



"Poi ci fu un problema e Ferrari licenziò tutti i suoi dirigenti, mi chiamò e mi disse:-"Ti affido il coordina-mento tecnico"-
Gli chiesi se fosse diventato pazzo.
Tu non ti preoccupare se sono pazzo, già me lo dicono in tanti, e pensa a fare il tuo lavoro, mi rispose.
"

A farle mettere giudizio mi aiutò anche Stirling Moss che aveva già l'accordo per correre in Ferrari e poi non venne perchè ebbe un incidente (a Goodwood, con una Lotus del Team Walker ndR)che ne compromise definitivamente la carriera di pilota da corsa.
Poi ci fu un problema e Ferrari licenziò tutti i suoi dirigenti, mi chiamò e mi disse:-"Ti affido il coordinamento tecnico"-
Gli chiesi se fosse diventato pazzo.
Tu non ti preoccupare se sono pazzo, già me lo dicono in tanti, e pensa a fare il tuo lavoro, mi rispose.
Era un gruppo eccezionale, tecnici bravissimi, autentici maestri.
Disegnavano con la matita e il tavolo da disegno e questo, mi sono convinto, li obbligava ad avere per forza una visione d'insieme, non solo particolare come accade a chi, oggi, disegna col computer.
In questa mia convizione mi ha confortato scoprire che l'Ingegner Piech nel suo studio tecnico pretende che i progettisti, accanto al computer dell'ultima generazione con il pacchetto di grafica migliore disponibile sul mercato, abbiano la tavoletta da disegno. Su quei tavoli è nata la Bugatti Veyron, gran macchina.
Uno dei tecnici più bravi, allora, era Salvarani, che ogni tanto vado ancora a trovare. Veniva dalle "Officine Reggiane" ed aveva disegnato il RE 2000, un caccia di cui gli alleati avevano poi requisito i disegni.Per copiarlo.
Per darvi un'idea dell'affiatamento voglio raccontarvi un episodio per tutti.
Era il 1964 e stavamo per partire per Sebring dove si sarebbe disputata la 12 Ore che per noi dava il via al Mondiale Marche.



"Ricordo che Salvarani aveva un pacco di lucidi e via via che finiva di disegnare un particolare gli sfilavano il foglio di sotto e lo mandavano in officina per costruirlo, tanta era la fiducia nella sua "mano".
Finimmo in tempo per partire per la Florida e vincemmo la 12 Ore di Sebring.
"

Doveva esordire in quell'occasione la 250P un prototipo rivoluzionario per la Ferrari: infatti altre macchine avevano avuto il motore posteriore, ma mai un dodici cilindri perché si riteneva che una vettura con tanto peso al posteriore sarebbe stata inguidabile. Ci accorgemmo durante le ultime prove che i piloti "grattavano" col cambio: un difetto inaccettabile in una gara di durata. Studiammo il problema e capimmo che un particolare del cambio aveva troppa inerzia, in pratica si trattava di ridisegnare tutto.
Se avessimo preso l'aereo avremmo avuto ancora 22 giorni per lavorare. Il Commendatore approvò e ci mettemmo subito sotto.
Ricordo che Salvarani aveva un pacco di lucidi e via via che finiva di disegnare un particolare gli sfilavano il foglio di sotto e lo mandavano in officina per costruirlo, tanta era la fiducia nella sua "mano".
Finimmo in tempo per partire per la Florida e vincemmo la 12 Ore di Sebring.
Ai tempi la sfida con la Ford la prendemmo come un punto d'impegno: eravamo un nanerottolo che pretendeva di fare a pugni con un gigante, ma eravamo decisi a vendere cara la pelle e la vendemmo molto cara.
L'organizzazione della Ford era impressionante: a Le Mans noi schieravamo tre macchine e loro dieci, dodici.
Mi ricordo un anno avevano portato il Ristorante, il Bar, perfino il barbiere, mentre noi mangiavamo un piatto di spaghetti seduti sulle gomme.
Ricordo i meccanici che mi dicevano:-"Ha visto, Ingegnere, hanno perfino il barbiere..."- E io rispondevo:- "Beh ragazzi, vuol dire che se ci dobbiamo fare il 'coppetto' andremo in città e non troviamo la fila..."-
Scherzi a parte con la Ford dovevamo perdere e perdemmo, ma con onore tant'è vero che anche gli uomini della Ford vennero a complimentarsi.
E poi ci fu la beffa.
La Ford per un incidente perse tre vetture in un colpo solo. Ne era rimasta una, in testa, e noi con due P4 eravamo in seconda e terza posizione. L'IBM faceva il cronometraggio elettronico e ci forniva i tabulati ogni ora. Ad un certo punto i tabulati non arrivano più. Vado una, due, tre volte a cercarli: nulla.
Intanto noi avevamo i nostri cronometristi, degli amici che ci davano una mano, nulla di ufficiale, che continuavano a prendere i tempi.
Dopo quattro ore di "black out" il sistema IBM torna a funzionare e il primo tabulato vede le nostre P4 a sei giri ! Sì, Scarfiotti non era stato bene per del cibo avariato e Parkes aveva dovuto sobbarcarsi l'onere di un doppio turno, avrà perso qualcosa, ma non certo cuinque giri. I nostri cronometristi garantiscono che siamo ancora lì, ad un giro. Ma che potevamo fare ? Reclamo contro il cronometraggio ufficiale della corsa più famosa del mondo ?
C'era dell'altro. La Mark IV che era in testa aveva rotto gli agganci del cofano motore che era stato bloccato con del nastro telato, applicato copiosamente anche sul parabrezza. Era evidente che la macchina non era in "perfetta efficienza" come prescriveva il regolamento. Il povero Bussi voleva fare reclamo, io dissi:-"Aspettiamo a far reclamo, ne parlerò con Monsieur Finance".



"Dopo quattro ore di "black out" il sistema IBM torna a funzionare e il primo tabulato vede le nostre P4 a sei giri ! Sì, Scarfiotti non era stato bene per del cibo avariato e Parkes aveva dovuto sobbarcarsi l'onere di un doppio turno, avrà perso qualcosa, ma non certo cinque giri. I nostri cronometristi garantiscono che siamo ancora lì, ad un giro. Ma che potevamo fare ? Reclamo contro il cronometraggio ufficiale della corsa più famosa del mondo ? "

Monsieur Finance era un po' "il padrone" della 24 Ore di Le Mans, buon amico di Enzo Ferrari. Mi presentai a lui, che mi conosceva e gentilissimo mi ricevette subito, e io gli esposi le nostre ragioni. Lui ascoltò con attenzione,poi mi guardò e mi disse: "Caro Morò (lui il mio nome lo pronunciava così alla francese) c'est l'argent..."
Capii subito che non c'era nulla da fare, il nostro eventuale reclamo non sarebbe stato preso in considerazione: la Ford aveva la vittoria in pugno.
E vinse.
L'anno dopo l'intero tracciato di Le Mans venne ristrutturato con i soldi della Ford cui fu intitolata la nuova "chicane".
Qualche anno prima, intanto, ero andato in Inghilterra, a vedere come lavoravano i nostri concorrenti. Quando tornai avevo capito che dovevamo cambiare anche noi e subito. Non era facile.
Si trattava di rivoluzionare un modo di lavorare di cambiare la nostra gente.
Creammo un nucleo di ragazzi giovani, volenterosi di imparare a lavorare in modo moderno, a lavorare bene e riuscimmo a piazzare i vecchi in posti di lavoro con guadagni anche migliori.
Allora, e mi spiace dirlo, ma è vero, era un'altra Ferrari, di più era un altro mondo, c'era l'amore per la cose fatte bene ora non più.
Per dirne una, qualche settimana fa a Modena dove abito io hanno fatto i "kerb", i marciapiedi, mi viene di chiamarli come in formula 1 pensa te...
Insomma li hanno fatti tutti con gli spigoli vivi, così se un disgraziato ci va dentro con la gomma la spacca se gli va bene e se gli va male spacca pure il cerchio. Non sopporto di veder un lavoro fatto male, senza applicarsi perchè se il muratore ci aveva messo il cervello oltre che il cemento li avrebbe stondati. Non ci ho visto più: ho preso la martellina e li ho rotti tutti, la gente mi guardava, ma tanto lo sanno che io sono matto quindi va bene così, però qualcuno mi ha anche detto "bravo ingegnere !".
Lo dico sempre e lo penso da sempre perchè così mi ha insegnato mio padre:
meglio un bravo spazzino che un cattivo ingegnere, un impiegato che ama il proprio lavoro, di un dottore che timbra il cartellino e non vede l'ora di andarsene.
Quando entrai alla Ferrari e mio padre era il capo dell'officina, ero ingegnere, ma mi misero al tornio, mi fecero conoscere le macchine, mi fecero sporcare le mani con l'olio dei motori da corsa. Altro che regolo calcolatore !



"Ognuno di noi dovrebbe avere il suo lavoro come hobby.
Io ho avuto questa fortuna.
Se l'Italia si vuol salvare, lo dico anche ai miei figli, bisogna pensare di cambiare gli italiani, deve tornare l'amore per il lavoro, e per il lavoro fatto bene, con passione.
"

Pensate qualche tempo fa per la mia azienda, perchè io, che ho settantasei anni e lavoro da oltre cinquanta, lavoro ancora, avevo messo gli occhi su un ragazzo bravo, poco più che ventenne. L'avevo chiamato per un colloquio di assunzione.
Era bravo, bravo col computer ma, come piace a me, anche con carta e matita, perchè se le cose non le "vedi" non le puoi realizzare.
Stavo per prenderlo quando mi chiede:-"Scusi ma qui al venerdì cosa fate ?"-
-"Mo' qui al venerdì si mangia di magro, cosa vuoi che si faccia ?" -
-"No sa, perchè io il venerdì voglio andare al mare vorrei essere libero il pomeriggio..."-
-"Ascolta mo bene" - gli ho detto - "qua si lavora al venerdì, e spesso al sabato e la domenica se c'è bisogno. Se vuoi andare al mare al mare è meglio che ci vai subito..."-
Pensate che spesso dovevo essere io, alla Ferrari, a mandare i meccanici a casa a mangiare...e quando si era lontani da casa si lavorava spesso tutta la notte.
Come quella volta a Daytona, la famosa 24 Ore vinta con l'arrivo in parata, che Scarfiotti aveva distrutto la macchina e la ricostruimmo, appunto, lavorando tutta la notte.
Il problema era che, oltre al telaio, dovevamo rappezzare la carrozzeria, ma mica avevamo con noi pezzi di ricambio voluminosi come un cofano motore ci voleva qualcuno che fosse bravo a riparare quello sfasciato da Scarfiotti.
Io avevo visto da Chinetti un carrozzaio che lavorava bene, con attenzione, con grandissima passione. Era tardi, l'andai a cercare e lo trovai al box della NART. Gli spiegai il problema e lui venne subito da noi. Lavorò tutta la notte, e la mattina il codone della P4 n° 24 era come nuovo: un capolavoro. Avevo un piccolo budget per queste cose e gli detti 150 dollari ringraziandolo. Vidi che mi guardò strano.
Bene tre giorni dopo quando andammo a prendere l'aereo per tornare a casa dopo aver vinto la corsa e battuto la Ford a casa sua, lo incontrai all'aeroporto mentre con un cappello da cowboy saliva sul suo jet executive personale. Rimasi di stucco: era un petroliere texano che per hobby aiutava Luigi Chinetti ed era un bravissimo carrozzaio. -"I suoi dollari, Mr Forghieri, li metterò in cornice" - mi disse salutandomi.
Ecco questo miliardario faceva le cose con passione, con amore.
Ognuno di noi dovrebbe avere il suo lavoro come hobby.
Io ho avuto questa fortuna.
Se l'Italia si vuol salvare, lo dico anche ai miei figli, bisogna pensare di cambiare gli italiani, deve tornare l'amore per il lavoro, e per il lavoro fatto bene, con passione.
L'ultima volta ho sentito i miei due figli, uno è ingegnere, l'altro dottore in economia e commercio, che si lamentavano dei nostri politici, del governo.
Gli ho chiesto:-"Ma siete sicuri che il problema non siano gli italiani ?".

Beh ora ho fatto anche il filosofo, possiamo pure salutarci."